I non luoghi dell'inumano. Maschera e catastrofe: sulle tracce di Ernest Jünger, Ombre Corte, 2015.
Orlando Franceschelli
Elogio della felicità possibile
Il principio natura e la saggezza della filosofia
Donzelli Editore, Roma 2014, pp.VIII-200
Natura, saggezza e felicità: forse per ogni essere umano è difficile vivere senza interrogarsi, almeno una volta, sul loro effettivo rapporto. E sull’altra questione che questo rapporto inevitabilmente solleva: in che senso la saggezza può favorire la nostra felicità? Ricercare la saggezza non equivale a diventare più consapevoli del carico immenso di dolore, sofferenza e ingiustizia che grava sulle nostre vite e su quelle dei nostri simili? Saggezza della felicità possibile: questa è la prospettiva filosofica proposta da Orlando Franceschelli. Essa ci ricorda non solo che tra natura, saggezza e felicità esiste un rapporto indissolubile, come aveva suggerito già Epicuro, ma che questo rapporto possiamo coltivarlo soltanto a patto di essere, a un tempo, consapevoli dei limiti che la sofferenza e la morte pongono alle nostre gioie, e concretamente impegnati a valorizzare e godere tutta la felicità che, entro questi limiti, è possibile raggiungere. È in questo orizzonte etico-antropologico che anche la Regola Aurea – fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te – può essere riscritta come impegno a fare per la felicità di ogni essere senziente tutto ciò che si ritiene possibile e si vorrebbe fosse fatto per la fioritura della propria. Questo è l’approdo etico che, in alternativa al naturalismo della volontà di potenza indicato da Nietzsche, può educarci a mettere anche le odierne biotecnologie al servizio della felicità possibile, invece di asservire la loro inaudita e crescente potenza a ideologie o appetiti mercantili e di bio-potere. La via indicata dall’autore è quella di un’antropologia dell’ecoappartenenza a partire dalla quale coltivare un dialogo laico e costruttivo anche con quanti (credenti, teologi, metafisici) guardano al cosmo fisico e alla natura umana a partire dalla dottrina biblica della creazione. Riconoscere la plausibilità del naturalismo consente infatti di apprezzare senza pregiudizi la saggezza della felicità possibile e solidale proposta dagli odierni sostenitori del principio natura. Premessa irrinunciabile, questa, per poter trovare risposte condivise ai temi etici nelle nostre società sempre più complesse. È di questo umanesimo non antropocentrico che in questo libro si tesse un convinto elogio.
Angelo Bolaffi
Cuore tedesco. Il modello Germania, l'Italia e la crisi europea
Donzelli, Roma 2013
«Il lungo viaggio attorno al cuore tedesco d’Europa porta a ridefinire il ruolo della Germania nella crisi attuale: tocca ai tedeschi assumersi la responsabilità storica di salvare l’Europa, dopo averla affondata due volte in passato. Ed è necessario che esercitino con saggezza e lungimiranza l’egemonia che loro compete». Possiamo fare a meno della Germania? Possiamo scrollarci di dosso l’Europa? Dietro le convulsioni della crisi, continua a serpeggiare lo spettro di queste domande. Ma che cos’è, oggi, la Germania? È lo stesso paese che ha rappresentato, da Bismarck in poi, il più grande problema dell’Europa moderna, o non è intervenuto un cambiamento epocale che l’ha trasfigurata? In principio c’è una data, il 9 novembre 1989: la caduta del Muro di Berlino. Quel giorno, nella città simbolo della guerra fredda, è finito il Novecento, il «secolo più violento della storia dell’umanità»: si è dissolto l’ordine geopolitico stabilito dalla seconda guerra mondiale e nel cuore del Vecchio continente è tornata, protagonista assoluta, la Germania. A oltre vent’anni dalla caduta del Muro, infatti, il modello tedesco si sta rivelando il più efficiente dal punto di vista economico il più deciso nella difesa del sistema di welfare europeo. E alla nuova Germania è intimamente legata l’idea stessa di una nuova Europa. Anche l’Europa, in effetti, è uscita radicalmente trasformata da quell’evento: la generosa speranza dei padri europeisti era nata come risposta all’epoca «di sangue e di ferro» della guerra civile europea, avendo come presupposto implicito la persistenza di una Germania divisa. Ma l’unificazione tedesca ha cambiato tutto. Cosa ne sappiamo noi, oggi, di questa nuova Germania, del gigante d’Europa che suscita nei suoi partner scarsa simpatia e crescente apprensione? Non sarebbe meglio, prima di temerla, cercare di capirla? Angelo Bolaffi, profondo conoscitore della realtà tedesca di ieri e di oggi, intraprende un lungo viaggio nella storia e nella politica del paese che rappresenta il cuore d’Europa per far luce sulle ragioni di quel «miracolo tedesco» che è spirituale ancor prima che economico. Un percorso necessario, questo, perché la costruzione di un’autentica Europa unita, non solo dal punto di vista monetario, non può che passare per un duplice riconoscimento: gli europei devono guardare alla Germania con occhi diversi rispetto al Novecento e accettare il ruolo di egemonia che le deriva dalla storia; e la Germania, il paese che ha fatto dolorosamente i conti con il suo tragico passato, proprio per questo ha il dovere oggi di assumersi la responsabilità del futuro dell’Europa.
A. Cera
Tra differenza cosmologica e neoambientalità.
Sulla possibilità di un'antropologia filosofica oggi
Giannini Editore, Torino 2013
Strutturato in tre parti, il presente studio si propone di sondare le possibilità attuali di un’antropologia filosofica.
Nella cornice di una valutazione complessiva della vicenda antropologica nel XX secolo, la prima parte assume la recente ipotesi di un paradigma antropologicofilosofico forte: la Philosophische Anthropologie in quanto impostazione di pensiero, discutendone i caratteri portanti e ponendone in rilievo le criticità. In particolare, quella legata al fenomeno della sociologizzazione.
La persuasione che un’antropologia integralmente sociologizzata giunga a compromettere la propria ispirazione filosofica, conduce, nella seconda parte, a tentarne un’integrazione ispirata ad un percorso antropologico del tutto eterodosso: quello battuto da Karl Löwith con la sua antropologia cosmocentrica, fondata sull’idea di una differenza cosmologica tra mondo e mondo umano e sul recupero di una declinazione del theorein in quanto genuino pathos mondano.
Sulla scorta di questa implementazione löwithiana, nella terza parte viene delineata una possibile antropologia filosofica dell’oggi nella forma di un’antropologia della tecnica, retta dai concetti di neoambientalità e ferinizzazione. È infatti sub specie anthropologica – nella sua capacità di intaccare il perimetro antropico – che la tecnica rivela pienamente il proprio statuto di attuale forma del mondo. L’epoca della tecnica è il tempo dell’eclissi della differenza cosmologica, il tempo nel quale, al culmine del proprio conatus esonerante, l’essere umano esperisce il paradosso di un’inedita “situazione ambientale” che, compromettendone l’esclusività mondana, lo approssima ad una condizione ferina.
Andrea Tagliapietra
Gioacchino da Fiore e la filosofia
(prefazione di Diego Fusaro)
Il Prato (collana I cento talleri), Padova 2013, pp. 304
Gioacchino da Fiore (1135-1202) contrapponeva alla “Chiesa di carne”, ossia alla Chiesa-istituzione temporale (alla Chiesa dei “tiepidi”, come la chiama l’Apocalisse, con tutti i suoi poteri, le sue gerarchie, i suoi privilegi e le sue ricchezze), una “Chiesa dello spirito” in grado di aprirsi realmente e con umiltà alla sofferenza del mondo. Una Chiesa dei poveri, degli afflitti e dei perseguitati, come ben comprenderanno i Francescani spirituali che, alla fine del XIII secolo, rilessero Gioacchino nella prospettiva di Francesco. Una Chiesa in cui, cioè, si attuasse concretamente quell’estensione pentecostale dello Spirito che i Vangeli ci tramandano, ma che Gioacchino non interpretava come il rinvio ad un’astratta dimensione trascendente, bensì nella trascendenza immanente dell’imminenza del futuro storico. Gioacchino pensa fino in fondo la divinizzazione dell’uomo quale compimento della vicenda storico-universale iniziata con la creazione, annunciata nell’incarnazione e garantita dalla simmetria filiale fra l’uomo e il Cristo nella terza persona della Trinità. Quello Spirito che, come dice l’apostolo, “soffia dove vuole”. Ecco dunque l’impegno a realizzare, qui e ora, sulla terra, un’età dello Spirito che sarebbe approdata ad una effettiva subversio dell’ordine sociale ed ecclesiale esistente, al superamento di ogni letteralità istituzionale, scritturistica e liturgica. Non è solo il filosofo marxista eterodosso Ernst Bloch a indicare in Gioacchino il profeta di una società senza padroni né dogmi, una società di Libero Spirito e di Spiriti Liberi, una vera “democrazia mistica”. Ma anche per il dotto e prudente cardinale Henri De Lubac il nostro abate diviene il precursore di tutte le rivoluzioni della modernità e del germe sotterraneo che le alimenta. A Gioacchino e al suo pensiero, ai “margini della filosofia”, questo libro è dedicato, nella convinzione che ci sia sempre tempo per tornare a sperare in un mondo nuovo e soprattutto migliore.
L. Messinese
Stanze della metafisica. Heidegger, Löwith, Carlini, Bontadini, Severino
Morcelliana, Brescia 2013
Gianluigi Pasquale
(a cura di)
Ritorno ad Atene.
Studi in onore di Umberto Galimberti.
Carocci, Roma 2012, p. 618
Umberto Galimberti non è soltanto un filosofo. Bensì è anche e soprattutto un pensatore. E di razza. Questo è il motivo per cui egli è assai conosciuto in Italia e all’estero. In Italia, anzi, è attualmente il filosofo. Ciò che dice, scrive e insegna, gode, infatti, di una duplice peculiarità: aver intercettato il cambiamento epocale in atto nel mondo attuale e, quindi, averlo saputo facilmente decodificare per comunicarlo all’uomo e alla donna che lo abitano con un linguaggio comprensibile. Questo volume esce in occasione del suo 70° compleanno e raccoglie parecchi saggi scritti in suo onore. Tra gli autori vi sono filosofi, medici, psicologi, psichiatri, giornalisti e, perfino, teologi. Vi è il contributo, anche, di alcuni accademici non italiani. Questo variegato e ricco spettro di interessi sintetizza al meglio l’itinerario biografico di Umberto Galimberti, ma pure la pertinenza con la quale egli è riuscito a far interagire tra loro filosofia, fenomenologia e psicologia, intessendo, per questo, un’autentica rete scientifica internazionale che conferisce al presente volume un enorme pregio spessore accademico in quanto eccellente sintesi della filosofia italiana dell’ultimo quarantennio. Perché chi ha conosciuto personalmente Umberto Galimberti, in lui ha certamente intravisto il giusto filosofo, umile e onesto, quello della “terra senza il male”, la terra di Atene, quindi, innanzitutto un amico, ma anche un fine ricercatore. “Ritorno ad Atene” è, dunque, la sintesi che meglio esprime ciò che molti hanno imparato dal professore, diventato, adesso, nostro testimone: ad Atene, infatti, si ritorna nello spazio «dove l’uomo abita nelle vicinanze di Dio», nel «metaxý» dove errano i mortali: “per sempre”.
Andrea Tagliapietra
Sincerità
Raffaello Cortina, Milano 2012
Alla sincerità come franchezza e veridicità la riflessione morale, da Aristotele a Sant'Agostino, da Montaigne a Rousseau e Kant, fino ai contemporanei, ha dedicato pagine fra le più notevoli del canone filosofico. Eppure, la sincerità non nomina il nostro rapporto con la verità se non attraverso la relazione che intratteniamo con gli altri e soprattutto con noi stessi. Nel mondo della vita la sincerità appare modulata in formule e frasi fatte, adattata alla diversità delle situazioni, dei toni e dei gesti. La sincerità è pretesa dagli amanti, giurata nei tribunali, temuta dai traditori, fuggita dai bugiardi e dagli ipocriti, ma anche evocata sia per ingannare meglio sia per testimoniare, se necessario contro tutto e tutti, la dignità del vero e di chi eroicamente gli si affida. Così la sincerità spalanca innanzi ai nostri occhi l'immenso teatro sociale dei ruoli e delle interazioni come spazio simbolico in cui gli individui sono impegnati a costruirsi, cercando la misura della propria autenticità.
Massimo Donà
Filosofia dell'errore. Le forme dell'inciampo
Bompiani, Milano 2012
La comune definizione di errore è ritenere vero ciò che è falso o falso ciò che è vero, ma i filosofi ci hanno insegnato che uno "sbaglio" non è soltanto un "abbaglio", ma qualcosa che investe in modo più radicale la nostra esistenza: per camminare dritto sulle proprie gambe, infatti, ognuno di noi ha dovuto prima inciampare molte volte. Così l'errore si mostra come una delle figure del pensiero che investe più àmbiti del sapere umano, capace di incrociare concetti fondamentali come "opinione", "colpa", "dolore" e "felicità". Da Platone ad Agostino, da Cartesio a Heidegger, i più grandi filosofi hanno sfidato l'idea di errore per squarciare il velo di Maya che nasconde la verità. A nessuno di loro il vero si è del tutto svelato, nondimeno le prospettive che ci hanno offerto sono mozzafiato. Massimo Donà segue le orme dei maestri del pensiero per mostrarci come l'errore non è il negativo della ragione, ma un impulso decisivo per l'evoluzione dell'intelletto e della vita.