scheda a cura di Valeria Auletta
Karl Löwith, Nietzsche e l'eterno ritorno, tr. it. di S. Venuti, Laterza, Roma-Bari
2003.
Indice dell’opera
I. La filosofia di Nietzsche: un sistema di aforismi
II. Periodizzazione degli scritti di Nietzsche
III. L’idea fondamentale unificatrice della filosofia di Nietzsche
IV. La ripresa anticristiana dell’antichità all’apice della modernità
V. «Come si diviene ciò che si è» nell’idea dell’eterno ritorno
VI. Il rapporto problematico tra l’esistenza dell’uomo e l’essere del mondo nella storia della filosofia moderna
VII. L’eterno ritorno dell’identico e la ripetizione del sé
VIII. La misura critica dell’esperimento di Nietzsche
Appendice. Per una storia delle interpretazioni di Nietzsche (1894 – 1954)
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Nietzsche e l’eterno ritorno, in tedesco Nietzsches Philosophie der ewigen Wiederkehr des Gleichen, è la tesi di dottorato di Karl Löwith pubblicata per la prima volta nel 1935 e riapparsa in una seconda edizione ampliamente rielaborata nel 1956. Quest’opera rappresenta un’eloquente testimonianza dell’importanza che assume per l’autore il pensiero nietzscheano. Non solo infatti il confronto con la filosofia di Nietzsche è un tema ricorrente entro tutta la bibliografia löwithiana[1], ma è proprio a partire da quest’ultimo che risulta riconducibile la prima impostazione delle questioni fondamentali elaborate da Löwith in tutto l’arco della sua vita.
Nello scritto l’autore si propone di dimostrare come la filosofia di Nietzsche, al di là della sua a-sistematicità e frammentarietà aforistica, possa essere ricondotta ad un’interpretazione unitaria. È proprio l’idea dell’eterno ritorno, sostiene Löwith, a rappresentare il coronamento del pensiero nietzscheano poiché attraverso tale concetto vengono a convergere le diverse “dottrine” della «morte di Dio», del nichilismo e del superuomo di Nietzsche.
Il Dio cristiano morto, l’uomo davanti al nulla e la volontà dell’eterno ritorno caratterizzano il sistema nietzscheano nel suo complesso come un movimento dapprima dal «tu devi» alla nascita dell’«io voglio» e quindi alla rinascita dell’«io sono», come «primo movimento» di un’esistenza che eternamente ritorna in seno al mondo naturale di tutto l’essente.[2]
In primo luogo infatti – argomenta il Löwith – la dottrina dell’eterno ritorno costituisce la risposta al problema del nichilismo, risultato moderno di quella perdita dei valori morali di cui il cristianesimo si faceva portavoce. Al di là della morale e oltre il nulla, la proposta di Nietzsche consiste nel riallacciarsi «all’apice della modernità» al pensiero greco pre-cristiano il quale assegnava un’importanza decisiva al cosmo naturale. La possibilità del rifidanzamento dionisiaco dell’uomo con il mondo della natura cancella qualsiasi residuo di duplicità tra l’essere e il suo significato nell’eternità del meriggio, quando il sole allo zenit non crea più alcuna ombra.
Tuttavia solo il superuomo può, attraverso un atto estremo di volontà, prendere la decisione di compiere tale ribaltamento, superando il dovere della morale e la volontà del nulla. È proprio su quest’ultimo punto che si concentra Löwith nel passare dall’interpretazione di Nietzsche alla misurazione critica della sua filosofia. L’autore infatti si chiede se non sia proprio la sfumatura soggettivistica che assume la dottrina del superuomo a segnare il fallimento dell’esperimento nietzscheano, laddove proprio la metafisica del soggetto rappresenta, nel pensiero moderno, l’estremo risultato della secolarizzazione del cristianesimo.
Nella rappresentazione nietzscheana del meriggio e dell’eterno ritorno si compie improvvisamente una trasmutazione: ciò che per natura sempre ritorna si trasforma in qualcosa che deve essere deciso una volta per tutte. Per la stessa ragione anche l’«attimo» non è eterno perché in esso si mostra ciò che sempre è, ma perché, quale attimo decisivo, determina in anticipo ciò che sarà in futuro[3].
In Nietzsche e l’eterno ritorno vengono dunque ad emergere i principali problemi della filosofia löwithiana a partire dalla critica del cristianesimo e della storia, passando per la ripresa del pensiero classico e della riflessione scettica, fino ad arrivare alla questione del ritorno alla natura attraverso la decostruzione del pensiero moderno. Quest’opera, che costituisce una preziosa testimonianza dell’originario interesse löwithiano al problema della natura, contiene in nuce le basi per comprendere in che senso il naturalismo di Löwith rappresenti un superamento di quello di Nietzsche nel quale viene riproposta, nell’idea dell’eterno ritorno, la scissione irresolubile tra piano antropologico e piano cosmologico.
[1] Si veda in particolare: K. Löwith, Da Hegel a Nietzsche: la frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX, trad. G. Colli, Einaudi, Torino, 1949; K. Löwith, L’interpretazione nietzscheana della teoria dell’eterno ritorno in Significato e fine della storia: i presupposti teologici della filosofia della storia, trad. F. T. Negri, prefazione di P. Rossi, il Saggiatore, Milano, 1989; K. Löwith, Friedrich Nietzsche, sessant’anni dopo in Critica dell’esistenza storica, trad. A. L. Kunkler Giavotto, Morano, Napoli, 1967; K. Löwith, Il tentativo di Nietzsche di riguadagnare il mondo in Dio, uomo e mondo nella metafisica da Cartesio a Nietzsche; a cura di O. Franceschelli, Donzelli, Roma, 2002.
[2] K. Löwith, Nietzsche e l'eterno ritorno; trad. e cura di Simonetta Venuti, (3. ed.), Laterza, Roma Bari, 2003 cit. p. 36.
[3] K. Löwith, Nietzsche e l'eterno ritorno, cit. pp. 105-106.